Se Facebook chiude il profilo, l’utente va risarcito

Se Facebook chiude il profilo, l’utente va risarcito

Se un social network, ad esempio Facebook, chiude un profilo, l’utente va risarcito. Lo dice una sentenza storica del Tribunale di Bologna che costituirà un valido ed interessante precedente per moltissimi utenti che si trovano e si troveranno nella stessa situazione. Vediamo come e perché in questo articolo!

La maggior parte dei giornali di tutta Italia ha definito questa vicenda “una vittoria di Davide contro Golia”. E a ragione, dal momento che ha visto la vittoria di un cittadino bolognese contro un gigante come Facebook. Il punto ancora più interessante è però che questa vittoria potrà aiutare tanti altri “Davide”, sparsi in tutta Italia, a farsi valere contro lo stesso gigante o altri social network. In questo articolo, ripercorriamo brevemente i fatti.

La vicenda: Facebook chiude definitivamente un profilo privato

La storia è quella di un avvocato bolognese, appassionato di cimeli militari, passione che condivide con milioni di altri utenti, sparsi in tutto il mondo, attraverso il suo profilo Facebook, collegato ad altre due pagine all’interno dello stesso social network.

Nel gennaio del 2020, l’avvocato, nel momento in cui si accinge ad accedere al suo profilo Facebook, scopre con sorpresa che questo non esiste più. Il suo profilo personale è stato infatti disattivato e cancellato da Facebook. L’utente contatta allora il servizio clienti e il social network di Zuckerberg fornisce una laconica spiegazione per l’accaduto: la cancellazione del profilo sarebbe dovuta ad una violazione delle regole degli utenti, ovvero della “community”. Il profilo è totalmente scomparso dal web e la decisione di Facebook appare come assolutamente definitiva.

L’utente “cancellato”, però, non ci sta e fa causa a Facebook. La causa, presso il Tribunale Civile di Bologna, si è protratta per diversi mesi e si è conclusa con la sentenza storica di cui parlavamo all’inizio di questo articolo.

Il Tribunale di Bologna, infatti, ha dato ragione al ricorrente e ha emesso un’ordinanza in virtù della quale ha condannato Facebook a pagare 14 mila euro di risarcimento per il danno, insieme ad ulteriori 12 mila euro come punizione per “lite temeraria”, dal momento che la sua difesa, secondo i giudici, non ha rispettato le regole della correttezza processuale, è stata priva di fondamento e ha mostrato una “funzione dilatoria”.

Non si è trattato di una causa facile, durata diversi mesi e supportata da un lungo e complesso lavoro di traduzione di tutta la documentazione, che ha dovuto fare la spola tra l’Italia e l’Irlanda.

Soprattutto, difficile è stato reperire prove di qualunque genere, dal momento che Facebook, come abbiamo visto, aveva provveduto alla cancellazione definitiva del profilo dell’utente. Quest’ultimo, però, aveva raccolto numerosissime testimonianze di utenti Facebook che, nel corso degli anni, avevano frequentato il suo profilo e le due pagine personali ad esso collegate.

Il giudice è giunto alla sentenza tenendo conto del fatto che il rapporto tra Facebook e ciascuno dei suoi utenti configura un vero e proprio rapporto contrattuale, sulla base del quale il gestore (ovvero Facebook) è tenuto sempre ad informare l’utente delle ragioni alla base della rimozione del profilo. Quest’ultima, poi, può essere posta in essere solo per giuste cause, indicate nello stesso regolamento contrattuale. Poiché Facebook aveva di fatto distrutto tutti i dati contrattuali, il giudice ha concluso che il social network aveva posto in essere una condotta contrattuale scorretta.

Il profilo Facebook è una proiezione dell’identità personale

La sentenza è molto utile per comprendere una materia tanto complessa come quella dell’informatica forense, delle norme che fanno capo all’uso dei social network e dei comportamenti che sono o non sono leciti all’interno di essi, così come per costituire un prezioso precedente per le cause di diritto informatico. Finora, la giurisprudenza italiana si è pronunciata soprattutto con riguardo a pagine di gruppi politici estremisti. In questi casi, è sempre prevalso il diritto di Facebook alla cancellazione, in quanto i contenuti pubblicati incitavano all’odio o all’apologia del fascismo o di altre ideologie dal passato funesto.

Il protagonista di questa storia, però, è un privato cittadino, e la sua vicenda è interessante sotto moltissimi punti di vista, non da ultimo perché le cause di questo tipo sono ancora relativamente poche.

Il Tribunale di Bologna, nel valutare il suo caso, ha tenuto conto sia del fatto che Facebook aveva reso impossibile stabilire se l’utente avesse davvero violato gli standard della community, visto che il suo profilo era stato definitivamente cancellato, sia di una constatazione di carattere generale.

Il giudice ha infatti enunciato il principio secondo cui un social network come Facebook è un luogo virtuale in cui proiettare la propria personalità, costituire una vera e propria rete di relazioni e arricchire la propria vita di relazione. Chiudere una pagina personale senza alcun preavviso e senza dare all’utente la possibilità di contro-argomentare, dunque, costituisce un vero e proprio danno alla vita di relazione e alla libertà di espressione dell’utente stesso.

Naturalmente, si dovrà attendere l’esito di un eventuale ricorso da parte di Facebook per mettere definitivamente la parola “fine” a questa vicenda, ma non c’è alcun dubbio sul fatto che questa sentenza “faccia storia”.

Se il social network ti cancella il profilo: cosa fare

Se la propria pagina, personale o aziendale, viene cancellata unilateralmente da Facebook o da un altro social network, senza alcuna spiegazione, dunque, il social network, così come nella vicenda che abbiamo riportato, sarà tenuto a risarcire il danno, in quanto avrà violato un suo preciso obbligo contrattuale.

Facebook, così come tutti gli altri social network, è tenuto infatti a dimostrare la legittimità della cancellazione a causa di violazioni dei termini e delle condizioni d’uso della piattaforma. E, cosa non meno importante, il social network è tenuto a conservare tutti i dati in suo possesso per consentire all’utente colpito dal provvedimento di ricostruire davanti all’autorità giudiziaria l’andamento del rapporto contrattuale intercorso tra sé e il social. Ciò con lo scopo di dimostrare di non aver effettivamente violato i cosiddetti standard della community e, eventualmente, di aver subito un danno alla sua vita di relazione che va altresì risarcito.

Se ci si trova a fronteggiare una situazione del genere, il primo passo utile da compiere può essere quello di consultare un avvocato esperto in informatica giuridica  che valuterà il caso singolo e sarà in grado di consigliare all’utente colpito dalla cancellazione se sia il caso ci ricorrere contro Facebook o qualsiasi altro social network.